lunedì 25 ottobre 2010

Indizi fotografici di memoria (3)

Siracusa, Duomo

Prendiamo, ad esempio, il Duomo di Siracusa: sei immerso in pieno Barocco e all'improvviso, tac!, dal muro perimetrale sinistro affiorano delle colonne doriche.

La memoria dentro le cose
Sono lì, inglobate nei muri della chiesa: Magna Grecia e Barocco, un paio di millenni di architettura che convivono e che producono, insieme, un significato ben più profondo di quello che scaturisce dalle apparenze. Un significato che nasce come tempio dorico, diventa chiesa bizantina, si trasforma in moschea con gli arabi, si riconverte in chiesa con i normanni e via così, fino ai gitanti chiassosi di oggi. Questo per dire che i segni del tempo, le stratificazioni della memoria, sono dentro le cose, come parte sostanziale di esse, ma che bisogna riconoscerle.

Questa innocua evidenza rischia di abbagliare lo sguardo per eccesso di visibilità, come la lettera rubata di E.A. Poe, perchè lo sguardo "quotidiano" non è sufficiente. Davanti a questo tipo di memoria esterna occorre uno sguardo bifocale, in grado di posarsi contemporaneamente sul passato e sul presente, che sappia vedere gli strati della memoria e riconoscere di cosa è intessuto l'abito che riveste la realtà: i fili del tempo.

Tutte le tracce di memoria inglobate nelle stratificazioni del passato sono vive e pulsano e rilasciano significato: lo rilasciano come una linfa, che imbeve lo strato successivo e risale fino alla superficie della contemporaneità. Riconoscerle significa impedire che svaniscano nell'indifferenza e che la realtà si impoverisca di parti cospicue di senso. 

Credo sia questo lo sguardo necessario in fotografia per rappresentare, consapevolmente, una realtà che si porta addosso la propria memoria. Esemplare, in questo senso, è lo sguardo geologico sulle cose adottato da Mimmo Jodice : concentrato al tempo stesso sul presente e sul passato, riuscendo a trasformare l'antico in qualcosa che è nostro contemporaneo


M. Jodice 
 
ma anche a trasformare il qui e ora del nostro presente in un reperto per il futuro

M. Jodice

Si, perchè viene il sospetto che davanti alla fotografia, tutto il mondo sia un immenso reperto in attesa di essere riconosciuto e raccolto in un'immagine, destinata ad un futuro più o meno prossimo, come fece con la sua Parigi il grande Atget.

Esiste, poi, un altro luogo particolare dove la memoria si deposita in forme sotterranee, genealogiche: il volto, che sarà oggetto della prossima nota. 

     

3 commenti:

M. Dick ha detto...

La memoria dell'anima delle cose ... "lo specchio", il ricordo che emerge è quello più forte, quello che ha marcato il passaggio ad un gradino successivo di esperienze. La stratificazione rende i ricordi, tracce, perse nel tempo, confuse, non sempre correttamente presenti ... come i "fossili" che ci permettono di ricostruire il passato in maniera più o meno precisa a seconda del loro stato di conservazione, così le esperienze passate si sovrappongono e la memoria, che le collega tutte, assegna un peso, un valore differente ... ecco che la trasparenza dei ricordi e la loro sovrapposizione si fonde, alcune volte distorcendone la memoria ...
IL Sogno si trasforma.

compagnia dei fotografi ha detto...

@M.Dick
Vedo che l'idea di "reperto" sta attecchendo, anzi, si espande come un albero in crescita. Mi piace molto l'immagine del "fossile" come qualcosa da cui partire per ricostruire pazientemente un significato: rende contemporaneamente l'idea di "impronta" (lasciata dalla realtà) e dell'impasto vitale (il magma, il granito, la terra etc.) in cui è immersa.
Fa piacere leggere questo in tempi in cui pare esista solo la superficie (delle cose, degli uomini, dello sguardo, del senso, delle immagini ...)

M. Dick ha detto...

indagare l'esterno per interpretare la nostra anima... comunicare attraverso emozioni per rivelare la nostra "realtà".

immaginaemozioni.blogspot.com/