domenica 14 novembre 2010

Indizi fotografici di memoria (4) - Archeologia del volto

Franco Castellari, Autoritratto con genealogia



Esiste un luogo in cui la memoria si deposita impietosamente: a volte con invadenza, altre volte in modo silenzioso, quasi impercettibile. Questo luogo è il corpo o, più in particolare, la sua regione più scoperta: il volto. 
Sono molte le cose incise nei volti: la nostra discendenza; le tracce dolorose lasciate dalla Storia; quelle impresse dalla fatica, dalla malattia o quelle inesorabili del tempo. Tracce silenziose, in attesa di essere lette,  che la fotografia ha variamente raccolto e rappresentato.  

Nel volto si nasconde la nostra genealogia, quella che più o meno consapevolmente ricerchiamo ogni volta che diciamo di una persona: “Ha gli occhi di sua madre; la bocca di suo padre; lo sguardo del nonno … “. 

Guardare le facce con questa prospettiva è come intraprendere un piccolo scavo archeologico, per risalire le tracce genetiche incise nei nostri lineamenti,  per ricostruire la storia sotterranea delle forme del nostro volto e, con esse, anche quella della nostra presenza nel mondo.   

Ho trovato interessante la soluzione elaborata dal fotografo piemontese Franco Castellari nel corso di un laboratorio dedicato al ritratto (In cerca di Achab). Castellari, con il ricorso ad una doppia esposizione parziale, ha realizzato un autoritratto in cui compaiono sia il proprio volto (oggi) sia il ritratto del padre (le origini), sovrimpresso in modo discreto nella parte in ombra. 

Il risultato è l’immagine di un volto rappresentato in profondità, che mostra contemporaneamente il suo tempo presente e il proprio passato. Un atto  di archeologia fotografica che ha dato forma all’invisibilità delle radici. La presenza in filigrana della figura paterna è l’equivalente visivo di una genealogia privata: il ritrovamento dei propri “strati geologici”. E’ una foto che dice: “Io oggi sono questo, ma lo sono perché ci sono stati  un altro corpo e un altro volto - questo che affiora nella penombra - che hanno generato il volto che oggi sono”.

2 commenti:

M. Dick ha detto...

Ciao "Compagnia dei fotografi", ho trovato un messaggio sul mio blog, hai qualche commento in proposito?

Il filo conduttore che legherà "l'ermetico" discorso iniziato a tracce (proprio per questo non ancora esplicito), è l'essenza principale dell' "io" : sono un'essenza dentro un corpo materiale... quale potrebbe essere l'immagine/immagini che mi rappresenta/no ? E attraverso cosa mi identifico ? E' stato utile questo tuo blog, per allargare i miei orizzonti di ricerca, per indagare nel passato, nei ricordi, nella loro distorsione, insomma in quel "labirinto dell'anima" che mi sfida ogni giorno.
La consapevolezza di esistere... la sete di conoscenza che mantiene viva l'immagine dell'anime ...
Ciao e a presto.

M. Dick ha detto...

Il volto ... tracce di memoria, ma quale? Rivelazioni del vissuto esteriore per la maggior parte e soltanto una piccola porzione, interprtazioni dell'anima ... si ma cosè l'anima? E' forse la stratificazione, il sovrapporsi di esperienze, pensieri, esperimenti, applicazioni e trasgressioni di regole, per assimilare l'interazione dell'"io" con altri "IO", sfaccettature del nostro interpretare la vita? Questa piccola porzione si rivela a noi come specchio. Quando cerco di carpire l'essenza di qualcuno, percepisco inizialmente tracce di me ... forse, che dalla prospettiva iniziale, "la mia", io osservi attraverso gli occhi della mia esperienza e solo dopo essermi imposto di modificare e variare nel tempo questa prospettiva, io possa mettere a fuoco l'esterno.
Sfuocato, non a fuoco, fuori dal punto focale, soltanto una piccola porzione, quella a fuoco, può rivelare in maniera esplicita la "vera" essenza ...
IO preferisco rimanere nella zona di transizione, che mi permette ancora di "sognare, e idealizzare" l'esterno, il mondo che mi circonda.
Un pò di poesia, ancora un po ... quanto basta per assaporare la vita.