domenica 28 novembre 2010

Fotografo passivo/fotografo attivo


Diceva Luigi Ghirri, nel corso delle sue Lezioni di fotografia, che “il fotografo non ha più un ruolo passivo, di esecutore, ma diventa anch’egli un progettista, un soggetto che partecipa alla stesura di un progetto di comunicazione inteso in senso molto più vasto rispetto al passato”. Parole con le quali Ghirri rinviava al lavoro collettivo realizzato da fotografi e scrittori e confluito in Esplorazioni sulla Via Emilia.
  
In queste poche righe Ghirri riusciva a definire con chiarezza cosa significava per lui fare fotografia ed essere fotografo. Da un lato, il fotografo passivo, con funzioni di esecutore e dall’altro, il fotografo progettista che chiamerei anche, per questioni di simmetria, attivo.

Con questa idea in testa ho provato a riflettere intorno a questa strana coppia di opposti e alla fine mi sono ritrovato tra le mani due liste che illustrano quali potrebbero essere le caratteristiche del fotografo attivo e quali del fotografo passivo.

Fotografo passivo (o esecutore)
E’ il fotografo raccoglitore  casuale, vacanziero, domenicale (per intensità e spirito, non certo per disponibilità di tempo: il grande Mario Giacomelli fotografava solo la domenica). E’ il fotografo che si limita allo scatto episodico, come fosse una parola solitaria, lasciata cadere nel silenzio di una passeggiata. E’ il fotografo che non cerca la propria voce, il proprio sguardo, ma si limita (si ostina) a riprodurre canoni fotografici collaudati, sicuri e omologati. E’, insomma, un mero esecutore dello sguardo di altri: ai suoi occhi la realtà è uno spartito che non gli appartiene. E’ la musica di qualcun altro.

Fotografo attivo (o progettista)
E’ il fotografo che raccoglie immagini per costruire le proprie frasi; che ha una consapevolezza sintattica di ciò che sta facendo, ovvero: guarda, seleziona, riprende, impagina, taglia, accosta. In altre parole: compone.
Il fotografo progettista, ad esempio, scatta per un portfolio; scatta pensando con quali altre immagini la foto di quel momento potrà dialogare; scatta percependo quale altra immagine dovrà essere cercata.    
Il fotografo progettista, attivo, non è limitato al presente, ma si proietta costantemente in un montaggio ipotetico del proprio lavoro. Lo scatto del fotografo attivo non è più “esecuzione” perché diventa regia della propria personale impaginazione e rappresentazione del mondo.






6 commenti:

M. Dick ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
M. Dick ha detto...

attivo/passivo - consapevole/inconsapevole...
Il regista di se stesso, è colui che previsualizzando consapevolmente un obiettivo da raggiungere, attraverso percorsi più o meno difficili, è in grado di avvicinarsi alla meta e di esprimere agli altri le proprie emozioni o di riflettere agli altri le loro emozioni, attraverso una o una sequenza di immagini che si evolvono e si sviluppano nel tempo.
Il faro che ci guida assieme alla presa di coscenza, è la modestia e l'umiltà nella ricerca di quell'obbiettivo. Immagini prive di contenuti creativo/emozionali o di quelle piccole consapevolezze, indice di "attività" da parte di chi le ha create, delineano un profilo distaccato/assente...

M. Dick ha detto...

... dov'è il dialogo?

compagnia dei fotografi ha detto...

Credo sia sempre valida questa frase della fotografa Dorothea Lange: "la macchina fotografica è uno strumento che insegna alle persone come vedere senza la macchina". Ecco, tutto qui: chi non sa vedere non ha niente da fotografare.

M. Dick ha detto...

Concordo e aggiungerei che occorre innanzi tutto imparare prima a vedere dentro se stessi ...

M. Dick ha detto...

monologo...


http://immaginaemozioni.blogspot.com/