sabato 8 gennaio 2011

Lo sguardo nomade

Dorian Cara, Shanghai 

Inauguro il nuovo anno del Blog con la segnalazione della mostra fotografica di Dorian Cara (Sguardo nomade. Incontro con gente e paesi) che aprirà Sabato 15 gennaio alla Casa delle culture del mondo a Milano. E’ una segnalazione che faccio con grande piacere non solo per i vincoli di amicizia che mi legano a questo fotografo e storico dell’arte, ma anche per i ragionamenti (sul nomadismo e irrequietezza dello sguardo fotografico; su un certo modo di fare fotografia di viaggio, ad esempio) che la gestazione della mostra ha portato con sé. Per questo motivo riporto qui, integralmente, il testo della presentazione scritta per l’occasione, con l’impegno di svilupparne le idee in modo più organico nei prossimi mesi e con l’aiuto di chi vorrà contribuire a questo dialogo. 



Esiste nello sguardo una instancabile mobilità davanti alle cose del mondo. La nostra percezione visiva avviene, infatti, per «campionamenti» continui (alternanza dei movimenti dell’occhio; brevi soste; movimenti della testa e del corpo), solo che il più delle volte interpretiamo la percezione di una scena come stabile e continua quando, invece, è un susseguirsi di «vedute». In altre parole: guardare non è il risultato di un colpo d’occhio, ma di un insieme numerosissimo di colpi d’occhio continuamente in movimento. Cosa della quale non sempre abbiamo coscienza, ad eccezione del Fotografo, che è consapevole di questo incessante movimento, di questa percezione vivida e palpitante. Una consapevolezza che fa la differenza tra lo sguardo quotidiano e quello fotografico, e carica quest’ultimo di un dinamismo inquieto, teso alla ricerca di un delicato appagamento fatto di equilibrio, armonia e senso. E’ la vocazione nomade dello sguardo fotografico: un impasto di curiosità mobile, irrequietezza che diffida dei confini e paura di lasciarsi sfuggire porzioni significative del mondo. E’ un nomadismo che cessa solo quando, improvvisamente, tra le infinite immagini possibili, appare nel mirino quella dove tutto è a posto e ha un senso.

Questo nomadismo dello sguardo è la prospettiva adottata da Dorian Cara nelle sue immagini: non tanto per la varietà dei luoghi (le fotografie sono state scattate per quattro continenti), quanto per una dose di irrequietezza che lo ha spinto a cercare continuamente connessioni tra il frammento (l’immagine “dove tutto è a posto”) e l’insieme (il contesto oltre i confini dell’inquadratura). Dorian Cara ha saputo adottare lo sguardo aperto del nomade: più ricettivo e sensibile, continuamente in ascolto e, per questo, rispettoso dell’Altro e della sua cultura. Grazie a questo sguardo il fotografo ha trasformato ogni scatto in un incontro di conoscenza e comprensione, ha saputo evitare il “meraviglioso a tutti i costi” che caratterizza – troppo spesso – la fotografia di viaggio, per concentrarsi sull’Uomo, sui suoi gesti e storie dimostrando che è ancora possibile fotografare rispettando l’unicità di luoghi e culture e raccogliere, così, i doni che il mondo ci offre.

Di queste connessioni e di questa sensibilità la mostra reca traccia evidente nell’impaginato dell’allestimento, dove in ogni pannello è possibile assistere al dialogo continuo tra un’immagine cardine, il contesto culturale di riferimento e il particolare contrappunto del testo, a metà fra la didascalia e il diario di viaggio.


Nessun commento: